martedì 17 maggio 2016

Il mio primo romanzo finito: una dichiarazione d'amore

Il primo romanzo concluso è un grossissimo traguardo. Non necessariamente segnerà l'inizio di sfavillanti carriere nel mondo della narrativa, non necessariamente verrà dato alle stampe o verrà letto da più di due persone, ma qualunque sia il suo destino: è finito e agli occhi dell'autore sarà speciale. Si sa.

E lo so perché a settembre 2014 ho deciso di darmi una scadenza importantissima per  concludere un romanzo che mi assillava ormai da cinque anni. C'era solo un modo perché lo finissi e potessi finalmente passare ad altro: partecipare al Premio Urania, quindi la mia scadenza massima e improrogabile fu il 28 novembre di quell'anno, data in cui avrei finito di scrivere e correggere per poter finalmente dare alla stampante le pagine.
Il mattino del 29, data ultima per la spedizione, dopo una notte quasi insonne a guardare la piccola, fedelissima stampante rigurgitare le pagine una dietro l'altra e la copertina - un semplice foglio di cartoncino pergamenato color sabbia -  ho rilegato le pagine,  scelto una striscia di tela color rosso ciliegia e da un gruppo di fogli sparsi ho ottenuto un libro in meno di mezz'ora. Due libri in realtà, poiché il bando richiedeva due copie, ma è anche vero che ho potuto lasciare tutto all'ultimo momento perché rilegare libri è il mio mestiere.


Prima di uscire di casa, ho passato in rassegna la collezione degli Urania, concentrandomi sui numeri usciti nel 2014. Per poter partecipare, è necessario ritagliare il Certificato di Partecipazione, un triangolino di carta che riporta in numero dell'albo e il nome della testata. Ho optato per Apocalisse su Argo di Robert J. Sawyer, un gesto un po' scaramantico dovuto alla lettura della trilogia WWW dello stesso autore.

Ho ritagliato il certificato, ho fatto un saltino in legatoria, dove ho rilegato alla velocità della luce le due copie, che ho imbustato con la colla ancore fresca e via alle poste!
Ero euforica, sono uscita dall'ufficio postale saltellando, finalmente libera da una storia che mi aveva assorbito completamente e che non mi aveva permesso di concentrarmi per molto tempo su decine di altre storie che mi sarebbe piaciuto raccontare.

In realtà, non ho toccato più né carta né penna dopo quella visitina all'ufficio postale, è stato come se fossi precipitata in un limbo di incapacità totale a formulare frasi più lunghe di una sillaba e alla fine credo sia arrivato il temuto blocco dello scrittore.

Ero felice di potermi finalente dedicare ad altro e invece fissavo il foglio di word immacolato, scarabocchiavo occhi (so disegnare - male - solo quelli), frattali e arabeschi su fogli di carta. Ero pronta a scrivere, ma non avevo niente da scrivere, tutto ciò che volevo raccontare era stato già raccontato in quelle 545.000 battute spazi inclusi, in quelle 90.000 e spicce parole che avevo spedito a Milano senza neanche sapere bene perché.

Il romanzo era partito e arrivato in sede, io ero libera di scrivere quelle storie che si sono affacciate nella mia vita mentre scrivevo quell'altra storia e non scrivevo niente.
Ho pensato che avrei dovuto aspettare ancora un po', forse il problema era l'incertezza della riuscita, seppur non mi aspettassi nulla. Nel migliore dei casi, avrebbero citato il mio nome per qualche motivo, ma niente di più. In ogni caso, quello che volevo era fatto: il mio romanzo era finito e dovevo aspettare la conferma di non essere arrivata da nessuna parte, una volta avuta la certezza assoluta, avrei ricominciato a scrivere. Lo sapevo, non poteva andare diversamente.

A luglio sono stati annunciati i due (DUE!) vincitori e ho pensato fosse fatta: potevo ricominciare a scrivere le mie fesserie.
Ma niente: conoscevo l'esito del concorso, ma non era cambiato altro, non riuscivo a scrivere. La pagina bianca è diventata mia compagna di riflessioni e di conseguenti e infiniti giri su internet. Alla fine, mi sono limitata a leggere e quando è andata bene sono riuscita a scrivere poche righe per partecipare a qualche concorsino su Pescepirata, mi sono stupita di essere riuscita a scrivere un racconto mischiando Alice - concorso a tema sui 150 anni dell'uscita di Alice nel Paese delle Meraviglie - e la morte termica dell'universo. Ma niente di più.

Pochi mesi fa, ho ripreso quel maledetto romanzo in mano, curiosa di vedere come mi sarebbe sembrato, decisa a dargli una sistemata definitiva, ho stampato i primi capitoli, penna in mano, musica nelle cuffie per fare un po' di atmosfera e - seduta alla scrivania, nell'unico cantuccio baciato dai raggi del sole - ho pensato che chiudendo definitivamente il capitolo, sarei riuscita a concedermi un nuovo inizio letterario. L'ho riletto.

Pausa drammatica.

È difficile dare un giudizio su se stessi.
Molto difficile, ma in linea di massima mi sentirei di chiedere scusa alla redazione che si riempie gli occhi (e le gonadi) con i lavori di tanti aspiranti scrittori come me una volta ogni anno.
Intendiamoci, la storia che ho scritto mi piace, l'ho avuta in testa per cinque anni (adesso sette), e in tutto quel tempo è cambiata; cresciuta, della primissima idea è rimasto ben poco (ho ritrovato valanghe di appunti), ogni spunto è stato preso, analizzato, inserito, cancellato, rivisitato e alle volte abortito.

Non si tratta di un lavoro abbozzato, di un'idea arrafazzonata buttata su carta il prima possibile e chi s'è visto s'è visto. No: ci ho pensato, ci ho ragionato, ne ho parlato tanto, ho letteralmente scartavetrato i santissimi al mio compagno (povero caro) e ai miei due migliori amici (poveri cari), disposti ad ascoltare le mie lagne eterne e a rassicurarmi su ogni dettaglio.

"Hai troppa poca autostima, scrivi e manda!"; "A me piace, se ne sei sicura: buttati!"; "E se invece di far fare così a questo personaggio gli facessi fare tutt'altro?"; "A me pare un'idea del cazzo".
Ho raccolto i loro consigli, ponderato le loro correzioni, osservato il mio compagno - che è uno scrittore ben più capace e fantasioso di me - leggere le pagine della primissima stesura per potermi aiutare, ha sopportato le mie frequenti crisi di "faccio schifo e non ce la farò mai", ha valutato e contribuito, ho litigato con lui per idee su punti di trama e grammatica, per la posizione di virgole, per frasi che avevano senso compiuto nella mia testa, ma non sulla pagina.

Ho sudato tanto sul mio primo romanzo, ho sognato e ho raggiunto le stelle e sono tornata a casa. Ho visto, parola dopo parola, una schiera di eroi col petto gonfio di aspettative, compagni pronti a fare quello che potevano in situazioni in cui li mettevo io. Li ho visti per anni nella mia mente, creature disponibili e volenterose, anime in pena pronte a donarsi completamente alla mia causa. Mi sono affezionata a loro, mi sono affidata alle loro gesta perché potessi raccontare una storia, ho sfruttato il loro dolore, le loro storie, li ho piegati al mio volere per quanto possibile.

A novembre, mentre finivo di scrivere e correggere, cose che non dovrebbero mai essere fatte assieme, mi sembrava di aver fatto un buon lavoro. Scrivevo le parti che avrebbero connesso più parti della storia e le uniformavo, aggiungevo descrizioni, ne toglievo in alcune zone se erano superflue, le spostavo se erano nel posto sbagliato. È capitato di riscrivere da zero intere parti perché a volte è più facile e veloce ricominciare da capo, tanto lavoro per trovare una cosa oggettivamente discutibile, seppur soggettivamente bella.

Robottone rosso (Zaku II) per rifiatare dalle mie lagne.

Ho deciso di sistemarlo, di uniformarlo davvero, di tagliare del tutto delle parti che non sono state approfondite come avrebbero meritato, di spostare alcuni capitoli e mixarne altri.
Lo avevo diviso in tre parti, separate l'una dall'altra dallo scorrere del tempo. La prima e la terza erano connesse tra loro, mentre la seconda raccoglieva tutti i casini che avrebbero portato alla terza parte. La prima l'ho cancellata del tutto, tre capitoli che funzionano benissimo da soli per altro o per uno spin off o qualunque cosa io desideri che siano.
Nella seconda parte ho tagliato un paio di capitoli superflui, raccogliendo qualche scena da inserire nei capitoli successivi. La vera rivoluzione la sta subendo la terza parte, più corposa rispetto a prima, dato che almeno tre capitoli della seconda parte sono andati a ingrassarla. Dovrei solo dare più visibilità a un personaggio che non ha avuto i riflettori puntati addosso come avrebbe dovuto, ma il succo della storia rimane quello.

Mi ha sorpreso la quantità di refusi trovati, di tempi verbali usati a caso e non so neanche più quanti orrori. Durante le ultime correzioni, né io né il povero umano che si è offerto di darmi una mano pur di non vedermi tramutare in un velociraptor isterico (compagno adorato) avevamo visto gli errori e i refusi che non ho idea di come siano rimasti.
Da come ho ritrovato un intero capitolo in particolare, ho come la sensazione di essere riuscita a far impazzire il correttore di word, devo avergli fatto fare cilecca, perché davvero non mi spiego alcune cose. Mi è capitato di trovare verbi al presente seguiti immediatamente dopo dal tempo coniugato nel modo giusto, come se fossero state confermate le correzioni assieme alle cose da correggere. Frasi davvero illegibili!
Mi chiedo come siano sopravvissuti alcuni refusi a così tanti occhi, ma spero di averli finalmente castigati tutti! O almeno la maggior parte.

Sembra quasi che tu abbia scritto un mucchio di fesserie!
Da un lato, ora, mi spiace davvero tanto per chi s'è trovato il mio lavoro davanti, ma immagino che alla fine siano i rischi del mestiere di chi lavora nel mondo editoriale, un po' come quando mi portano un vecchio dizionario aggiustato col nastro isolante.
Dall'altro lato, invece, sono soddisfatta: ho portato a termine un grosso progetto, il mio primissimo romanzo; ho scritto una storia che mi piace e che, contro ogni mia aspettativa, mi ha tenuto sveglia fino alle cinque del mattino perché, sebbene l'avessi scritta io, è stato come leggere una storia nuova che mi ha rapita totalmente. Ho scritto una storia che avrei voluto leggere, avrei potuto indubbiamente farlo meglio, ma sono contenta.

Finalmente, dopo aver cominciato questo percorso catartico: ho ripreso a scrivere! Sono guarita!

Io

Nessun commento:

Posta un commento