martedì 31 marzo 2015

Recensione: "E se poi mi innamoro, pazienza" di Erika Favaro

Questa è una recensione un po' farlocca, nel senso che l'obiettività è andata a farsi friggere. Non posso nascondere una smisurata simpatia per l'autrice, con la quale ho condiviso momenti di delirio letterario indiretto durante lo svolgimento del primo talent show via forum: Fattore Pesce e non solo!
Non ho mai incontrato Erika di persona, ma sono bastati pochi messaggi via mail per inserirla nella lista di: "se ti intristiscono, dimmelo che vengo a prendere il colpevole a pugni sulle gengive". Si tratta di un tentativo di protezione difficilotto da applicare, data la distanza geografica, ma non importa, sarò pronta a dare il mio sostegno morale. Ma veniamo al succo!




Titolo: E se poi mi innamoro, pazienza
Autrice: Erika Favaro (blog)
Casa Editrice: Piemme
Anno: 2014
Pagine: 262


Altre premesse:
- Il romanzo non è tra i generi che mastico abitualmente, non ci sono draghi, non ci sono astronavi, non ci sono società a metà tra la distopia e l'utopia, non ci sono statue che prendono vita, non ci sono divinità;
- Conosco l'autrice, il che mi rende incapace di essere obiettiva, ma potrei averlo già detto;

In realtà le premesse si sono rivelate essere meno di quelle che pensassi.

E se poi mi innamoro, pazienza narra delle vicende di Carlotta, una giovane veneziana afflitta da culopesantismo cronico che, come proposito per il nuovo anno, si ripromette di raggiungere il suo personalissimo nirvana: smettere di lavorare e godere del suo tempo come più le aggrada, senza sveglie, corse, orari, scadenze. Per raggiungere questo obiettivo, le vie sono due: diventare ricca o farsi mantenere.
È più o meno il mio desiderio, quello di diventare abbastanza ricca da permettermi il mio culopesantismo e trascorrere il tempo a sonnecchiare quando ho voglia di sonnecchiare, girovagare quando ho voglia di girovagare e lavorare solo ed esclusivamente se ne ho davvero moltissima voglia, di modo che il lavoro diventi un hobby. Dove devo firmare?
Potrei giocare a tutti i videogiochi che rimando perché prima mi leggo un capitolo di questo e poi vediamo di avanzare, almeno si può sognare.
Noi si guadagna benino, senza troppi sforzi. A volte.
Con Carlotta è simpatia già dal primo capitolo, in cui la troviamo sull'ubriaco-andante alla festa aziendale che viene organizzata ogni anno dal suo capo.
Carlotta è simpatica e irriverente, e con qualche goccia di sangue nell'alcol che le circola nelle vene, le escono fuori dalla boccuccia delle cose che forse forse forse era meglio tener per sé.
A questo punto si fa un salto nel passato, esattamente alla festa di capodanno, che Carlotta ha trascorso ai Caraibi con i suoi amici. Lì conosce l'amico di amici, Felice detto Felix e tra i due nasce la simpatia.

Il romanzo è narrato in prima persona dalla stessa Carlotta, che ripercorre l'ultimo anno della sua vita, con qualche flashback che coinvolge il suo passato, tra ricordi piacevoli e altri dolorosi.
Riusciamo a conoscerla e guardare nell'animo di questa giovane donna che cerca se stessa e un modo per realizzarsi; assistiamo al suo cambiamento, alla sua evoluzione come essere umano e abbiamo la certezza della sua crescita quando ci mostra come affronta la stessa situazione in due momenti della sua vita. Momenti diversi e soluzioni diverse.

Ho trascorso dei bei momenti con Carlotta, e non lo avrei mai detto. Generalmente, le storie che ruotano attorno a delle persone piuttosto che a una vicenda precisa mi annoiano. Cosa che non mi è stata resa possibile, non c'è stato il tempo di annoiarsi, non c'è stato un momento in cui Carlotta si piangesse addosso senza motivo, in cui filosofeggiasse a caso. No, Carlotta è coerente con se stessa dall'inizio alla fine, affronta la sua vita con gioia e tranquillità, anche quando le cose sembrano precipitare in un baratro senza fondo, Carlotta si rimbocca le maniche e affronta come meglio può la situazione.

Ci sono stati dei momenti in cui avrei voluto avere il dono di entrare nella storia e schiaffeggiare qualche personaggio, dalla protagonista ai comprimari., perché a volte - forse troppo spesso - le persone si comportano in modo illogico, seguono troppo la pancia piuttosto che la testa.

Non ho potuto annoiarmi, anche se - in fondo - lo avrei voluto, per potermi convincere ancora una volta che certi generi proprio non riesco a masticarli, ma questo romanzo è stato un delizioso bocconcino.
Il ritmo incalzante e la freschezza della narrazione, genuina e mai noiosa, sono due punti di forza del romanzo; punti che mi piacerebbe ritrovare in qualunque altro romanzo.
Se dovessi scegliere un aggettivo per descrivere lo stile di Erika, questo sarebbe: sincero.

Non sono brava a recensire, ho sempre il timore di fare qualche spoiler, ma devo ammettere che questa sviolinata è tra le migliori mai fatte!



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